FAQ – DOMANDE

Cosa si intende per “diritto al rientro” al termine del periodo di congedo obbligatorio di maternità e del congedo di paternità?2021-03-09T10:26:24+01:00

Si intende il diritto alla conservazione del posto di lavoro e, in particolare, diritto a rientrare nella stessa unità produttiva dove si era occupati all’inizio della gravidanza e di permanervi sino ad 1 anno di età del bambino, oltre che il diritto a svolgere le mansioni da ultimo svolte o mansioni equivalenti e la possibilità di beneficiare di eventuali miglioramenti delle condizioni di lavoro previste dai contratti collettivi che sarebbero loro spettati durante l’assenza.

*Riferimenti normativi:

  1. Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 rubricato “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”.
La donna incinta può dare le dimissioni?2021-03-09T10:25:35+01:00

Si, ma l’effettività di eventuali dimissioni della lavoratrice devono essere verificate e convalidate dai servizi ispettivi del lavoro. La convalida costituisce elemento indispensabile e condizione dell’efficacia della cessazione del rapporto di lavoro.

L’obbligo di convalida è previsto per le dimissioni e le risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro presentate durante la gravidanza e fino ai primi 3 anni di vita del bambino.

Le dimissioni volontarie nel periodo di divieto di licenziamento non obbligano all’osservanza del periodo di preavviso e danno diritto a percepire le indennità previste per il caso di licenziamento dalla legge e disposizioni contrattuali (es. NASPI).

Quando non opera il divieto di licenziamento?2021-03-09T10:24:34+01:00

Il divieto di licenziamento non si applica però in caso di:

  • colpa grave della lavoratrice costituente giusta causa di licenziamento;
  • cessazione dell’attività dell’azienda per cui la lavoratrice è assunta;
  • risoluzione del rapporto di lavoro per scadenza del termine per cui la lavoratrice è assunta (es. contratto a tempo determinato);
  • esito negativo della prova.
In cosa consiste il divieto di licenziamento e fino a quando dura?2021-03-09T10:23:50+01:00

A tutela della lavoratrice madre è stabilito il divieto assoluto di licenziamento, nonché di sospensione dal lavoro e di collocazione in mobilità, dall’inizio della gravidanza sino al termine del periodo di congedo obbligatorio, nonché fino al compimento di 1 anno di età del bambino.

Se il licenziamento viene intimato nonostante i divieti, questo si intende nullo.

La normativa tutela la sicurezza delle lavoratrici gestanti, puerpere e in allattamento?2021-03-09T10:23:21+01:00

Si, la normativa tutela la sicurezza e la salute delle donne lavoratrici durante la gravidanza e fino ai 7 mesi di età del figlio, purché abbiano informato il datore di lavoro del proprio stato.

Nello specifico, viene fatto divieto di adibire le lavoratrici incinte al trasporto, sollevamento di pesi, nonché a compiere lavori pericolosi, insalubri e faticosi. Se normalmente la lavoratrice svolge tali attività, deve essere spostata a compiere mansioni alternative e, se queste sono inferiori a quelle abituali, la donna ha diritto a conservare la stessa retribuzione e qualifica precedenti. Se lo spostamento ad altre mansioni non è possibile, alla donna viene interdetto il lavoro fino al settimo mese di vita del bambino e ha diritto a percepire un’indennità economica.

Per quanto riguarda il lavoro notturno, è vietato adibire le donne incinte al lavoro dalle ore 24 alle ore 6 dall’accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di 1 anno di età del figlio.

Cosa sono i riposi giornalieri (cd. Permessi per allattamento)? A chi spettano?2021-03-09T10:22:27+01:00

Nel corso del primo anno di vita del bambino la donna lavoratrice dipendente ha diritto ad usufruire di permessi per allattamento giornalieri, considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro, con diritto della donna ad uscire dall’azienda.

I permessi hanno la durata di 2 ore anche cumulabili durante la giornata, se l’orario di lavoro giornaliero è superiore alle 6 ore e di 1 ora se l’orario di lavoro giornaliero è inferiore alle 6 ore. La durata è di mezz’ora se la lavoratrice usufruisce di asilo nido nelle immediate vicinanze.

Gli stessi riposi spettano al padre lavoratore nei seguenti casi:

  • quando il figlio è affidato al solo padre;
  • in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;
  • quando la madre non è lavoratrice dipendente;
  • in caso di morte o grave infermità della madre.

 

In caso di parto plurimo i periodi di riposo sono raddoppiati e le ore aggiuntive possono essere fruite anche dal padre.

Cosa sono i congedi parentali non retribuiti?2021-03-09T10:21:39+01:00

I congedi non retribuiti per malattia del figlio spettano:

  • fino al compimento dei tre anni del bambino: entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto di astenersi dal lavoro per periodi corrispondenti alle malattie del figlio;
  • per figli di età compresa tra i tre e gli otto anni: ciascun genitore, alternativamente, ha diritto di astenersi dal lavoro per cinque giorni lavorativi all’anno.

Per fruire dei congedi, il genitore deve presentare il certificato di malattia rilasciato da un medico specialista del SSN, nonché una dichiarazione attestante che l’altro genitore non sia in congedo negli stessi giorni per il medesimo motivo.

I periodi di congedo per la malattia del figlio sono computati nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità.

Il congedo per malattia del bambino spetta anche in caso di adozione e affidamento (con aumento del limite di età da tre a sei anni).

In caso di parto gemellare il diritto ad usufruire del congedo parentale raddoppia?2021-03-09T10:21:01+01:00

Si, il periodo del congedo parentale, nel caso di gemelli, raddoppia: sono quindi 12 mesi totali, che si possono frazionare anche in ore, da sfruttare entro il dodicesimo anno di età dei bambini.

Cosa sono i congedi parentali o “astensione facoltativa dal lavoro”?2021-03-09T10:20:31+01:00

In aggiunta al periodo di congedo obbligatorio è possibile chiedere periodi di assenza dal lavoro ulteriore per assistere il figlio che abbia meno di 12 anni.

Tale tipo di congedo è facoltativo ed è previsto per una durata cumulativa massima di 10 mesi, anche su base oraria, ed è fruibile da ciascuno dei genitori per ogni figlio.

In tal caso l’indennità giornaliera è pari al 30% della retribuzione per un periodo massimo complessivo tra i genitori di 6 mesi, con variazioni a scalare a seconda dell’età del bambino.

Il lavoratore che intende fruire del congedo parentale è tenuto a dare un preavviso al datore di lavoro di almeno 5 giorni per la fruizione giornaliera del congedo e di 2 giorni per il congedo su base oraria.

In caso di malattia del bambino, entrambi i genitori, purché alternativamente, possono astenersi dal lavoro:

  • per i figli di età inferiore a 3 anni, per periodi corrispondenti alla durata della malattia di ciascun figlio;
  • per i figli di età compresa tra i 3 e gli 8 anni, nel limite di 5 giorni lavorativi all’anno per ciascun genitore e per la malattia di ciascun figlio.

In alternativa al congedo parentale è possibile chiedere la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale (part-time), con il solo limite che la riduzione di orario non potrà essere superiore al 50%.

Cosa è il congedo obbligatorio di paternità?2021-03-09T10:19:27+01:00

Il lavoratore padre ha diritto a fruire di un congedo obbligatorio di paternità fino a 10 giorni, che deve essere richiesto entro i 5 mesi dalla nascita del figlio.

Cosa è il congedo di paternità?2021-03-09T10:18:55+01:00

Il congedo di paternità è un diritto inscindibilmente condizionato al rispetto di determinati presupposti.

Il «congedo di paternità» consiste nel diritto concesso al padre lavoratore di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua dello stesso, ma solo in caso di morte o di grave infermità della madre, ovvero abbandono o affidamento esclusivo del bambino al padre.

Il diritto all’indennità si prescrive?2021-03-09T10:18:21+01:00

Il diritto all’indennità si prescrive nel termine di un anno che decorre dal giorno successivo alla fine del congedo di maternità (o paternità).

A quanto ammonta l’indennità di congedo per maternità anticipata?2021-03-09T10:17:53+01:00

L’indennità anticipata viene erogata dal datore di lavoro in busta paga e l’azienda poi la recupera sui contributi da versare all’INPS con modello F24.

L’indennità è pari all’80% della retribuzione media globale giornaliera moltiplicata per il numero delle giornate indennizzabili comprese nel periodo di assenza. Per calcolare la RMG si prende a riferimento la retribuzione percepita nel periodo di paga mensile scaduto e immediatamente precedente quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo.

Sono coperte da indennità tutte le giornate ad esclusione di festività e domeniche (per gli operai) e festività cadenti di domenica (per gli impiegati).

I CCNL possono prevedere l’obbligo per l’azienda di integrare le somme a carico dell’INPS fino a raggiungere il 100% della retribuzione. Il datore di lavoro deve altresì corrispondere la retribuzione per le festività e le domeniche (se trattasi di operai), ovvero le festività cadenti di domenica (per gli impiegati).

Da quando decorre la maternità anticipata?2021-03-09T10:17:20+01:00

Se l’interdizione anticipata dal lavoro è disposta dall’ASL, la maternità decorre dalla data di inizio dell’astensione dal lavoro, risultante dal Libro unico del lavoro e dal certificato medico rilasciato alla dipendente. L’assenza non può pertanto decorrere da una data antecedente rispetto a quella di rilascio del certificato ASL.

Quando è l’ITL a disporre la maternità anticipata, questa decorre dalla data del relativo provvedimento L’Ispettorato può tuttavia disporre l’astensione immediata dal lavoro quando l’azienda produce una dichiarazione da cui risulta l’impossibilità di adibire la lavoratrice ad altre mansioni.

In cosa consiste la “maternità anticipata per lavoro a rischio”?2021-03-09T10:16:50+01:00

Viene disposta dalla sede territoriale dell’Ispettorato del Lavoro (ITL) se esistono «condizioni di lavoro od ambientali pregiudizievoli» alla salute della donna e del bambino o quando la lavoratrice che è adibita a lavori pericolosi, insalubri o faticosi non può essere spostata ad altre mansioni.

 

Quando sono presenti condizioni di lavoro o ambientali pregiudizievoli ovvero la lavoratrice svolge un’attività pericolosa o insalubre, la maternità anticipata può essere richiesta dalla lavoratrice, dall’azienda o direttamente dall’Ispettorato del lavoro.

  • Quando è la dipendente o l’azienda a chiedere l’interdizione dal lavoro va presentata all’ITL una dichiarazione del datore di lavoro dalla quale risulti, in base ad elementi tecnici riguardanti l’organizzazione aziendale, l’impossibilità di adibire la lavoratrice ad altre mansioni. Una volta acquisita la domanda, l’ITL può effettuare le opportune verifiche e delegare all’ASL gli accertamenti sanitari.
  • Nel caso in cui sia l’ITL a disporre direttamente la maternità anticipata, la stessa può prescindere dall’acquisizione di un parere medico e dedicarsi solo alle verifiche di sua competenza.

 

In tale caso il periodo di astensione obbligatoria può essere prorogato fino a 7 mesi dopo il parto (MATERNITA’ POSTICIPATA).

In cosa consiste la “maternità anticipata per gravidanza a rischio”?2021-03-09T10:16:17+01:00

Viene generalmente disposta dall’ASL sulla base di quanto risulta dall’accertamento del medico competente quando sussistono «gravi complicanze della gravidanza» o «persistenti forme morbose» che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza.

Nei casi di gravi complicazioni della gestazione o persistenti forme morbose è la lavoratrice stessa ad inoltrare apposita domanda all’ASL. In questo caso dovrà allegare il certificato medico di gravidanza da cui emergono le sue condizioni di salute.

L’ASL ha 7 giorni di tempo dalla presentazione della domanda per pronunciarsi, decorsi i quali vale il silenzio assenso. In caso di diniego, è necessario comunicarne i motivi alla lavoratrice. Quest’ultima, entro i 10 giorni successivi, può presentare ulteriori documenti e osservazioni.

Quale organo è tenuto ad emettere il provvedimento di interdizione anticipata dal lavoro?2021-03-09T10:15:36+01:00

Il provvedimento di interdizione anticipata dal lavoro viene disposto, a seconda dei casi, dall’ASL o dall’Ispettorato territoriale del lavoro (ITL).

In mancanza del provvedimento da parte dell’ASL o dell’ITL, l’azienda non può disporre unilateralmente l’interdizione dal lavoro.

Al fine di ottenere il congedo e la relativa indennità, quali documenti deve presentare all’INPS la lavoratrice madre?2021-03-09T10:15:07+01:00

La lavoratrice è tenuta a presentare in via telematica all’INPS:

  • domanda di maternità entro i 2 mesi precedenti la data presunta del parto;
  • prima dell’inizio del congedo, il certificato medico di gravidanza,
  • in caso di gravi complicazioni della gestazione o persistenti forme morbose il certificato medico di gravidanza da cui emergano le sue condizioni di salute al fine di ottenere il congedo di maternità anticipato;
  • in caso di condizioni di lavoro o ambientali pregiudizievoli, ovvero nel caso in cui la lavoratrice svolge un’attività pericolosa o insalubre, una dichiarazione firmata dal datore di lavoro da cui emerge l’impossibilità di collocare la dipendente a svolgere una mansione alternativa;
  • entro i 30 giorni successivi al parto comunicare all’INPS la data di nascita del figlio e le sue generalità;
A quanto ammonta l’indennità di maternità? E chi paga?2021-03-09T10:13:25+01:00

Per tutto il periodo di congedo per maternità, le lavoratrici hanno diritto a ricevere un’indennità giornaliera pari all’80% della retribuzione globale di fatto.
Molti contratti collettivi pongono a carico del datore di lavoro il pagamento del restante 20%, così da assicurare alla lavoratrice l’intera retribuzione.

Di regola, l’indennità è anticipata in busta paga dal datore di lavoro.

Quando può essere chiesta la sospensione del congedo di maternità?2021-03-09T10:12:50+01:00

In caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre ha diritto a chiedere la sospensione del congedo di maternità e di godere dell’astensione dal lavoro, in tutto o in parte, dalla data di dimissione del bambino. Tale possibilità è subordinata al benestare del medico competente, il quale deve dichiarare che lo stato di salute della donna è compatibile con la ripresa, anche solo momentanea, dell’attività lavorativa.

Se l’interruzione della gravidanza avviene prima del 180esimo giorno dall’inizio della gestione che disciplina si applica?2021-03-09T10:12:16+01:00

Da un punto di vista giuridico, l’interruzione della gravidanza dopo il 180esimo giorno è considerata equivalente al parto. Qualora invece l’interruzione della gravidanza avvenga prima del 180esimo giorno dall’inizio della gestazione, la lavoratrice non ha diritto all’astensione dal lavoro, ma la sua eventuale astensione verrà considerata come semplice «malattia».

In quali altri casi è riconosciuta l’astensione obbligatoria dal lavoro della madre?2021-03-09T10:11:46+01:00
  • interruzione, spontanea o terapeutica, della gravidanza verificatasi dopo il 180esimo giorno dall’inizio della gestazione. In questo caso però la lavoratrice può rinunciare a fruire dell’astensione obbligatoria e ricominciare a riprendere il lavoro in qualunque momento;
  • decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità. Anche in questo caso la lavoratrice, se il medico competente non ritenga possa sussistere un pregiudizio alla salute dalla donna, può riprendere a lavorare in qualunque momento.

La dipendente che volontariamente interrompe la gravidanza non può beneficiare della tutela legislativamente prevista per la lavoratrice madre.

Come cambia la normativa in caso di parto prematuro e parto fortemente prematuro?2021-03-09T10:11:09+01:00

In caso di parto prematuro, vale a dire quando la nascita si verifica entro i 2 mesi antecedenti alla data presunta del parto, il periodo del congedo di maternità rimane fissato entro i 5 mesi.

In caso di parto fortemente prematuro, vale a dire quando la nascita si verifica prima dei 2 mesi antecedenti alla data presunta del parto, i giorni non goduti prima del parto si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto, anche quando la somma dei periodi (prima e dopo il parto) supera il limite di 5 mesi (in concreto, il calcolo da effettuarsi è “tre mesi + due mesi + i giorni che intercorrono tra la data del parto fortemente prematuro e la data prevista di inizio del congedo obbligatorio”).

Quale disciplina si applica ai controlli prenatali?2021-03-09T10:10:39+01:00

Durante il periodo di gravidanza, le lavoratrici hanno diritto a permessi retribuiti per effettuare gli esami prenatali, accertamenti clinici e visite mediche specialistiche, nel caso debbano essere effettuate durante l’orario di lavoro.

Il diritto ad usufruire di questi permessi non si applica al corso pre-parto.

In caso di parto gemellare la durata del congedo di maternità raddoppia?2021-03-09T10:10:08+01:00

No, per quanto riguarda il periodo di congedo obbligatorio non cambia nulla da un parto gemellare a uno singolo.

Il congedo di maternità è flessibile?2021-03-09T10:09:43+01:00

Si, ciò significa che il periodo di congedo di maternità può essere posticipato al mese precedente la data presunta dal parto e fino ai quattro mesi successivi al parto, purché non vi siano controindicazioni per la salute della gestante e del nascituro.

A condizione che il medico specialista del SSN o il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro, le lavoratrici madri godono della possibilità di astenersi dal lavoro esclusivamente per i 5 mesi susseguenti al parto.

A chi spetta il congedo di maternità?2021-03-09T10:09:17+01:00
  • alle lavoratrici dipendenti assicurate all’Inps anche per la maternità (apprendiste, operaie, impiegate, dirigenti) aventi un rapporto di lavoro in corso alla data di inizio del congedo;
  • alle disoccupate o sospese se ricorre una delle seguenti condizioni:
  • il congedo di maternità sia iniziato entro 60 giorni dall’ultimo giorno di lavoro;
  • il congedo di maternità sia iniziato oltre i predetti 60 giorni, ma sussiste il diritto all’indennità di disoccupazione, alla mobilità oppure alla cassa integrazione.
  • alle lavoratrici agricole a tempo indeterminato ed alle lavoratrici agricole a tempo determinato a determinate condizioni;
  • alle lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti) a determinate condizioni;
  • alle lavoratrici a domicilio;
  • alle lavoratrici che svolgono lavori socialmente utili.
Cosa è il congedo di maternità?2021-03-09T10:06:43+01:00

Il congedo di maternità è l’obbligo di astensione dal lavoro per la lavoratrice nel periodo di tempo compreso tra i due mesi prima la data presunta del parto, sino ai tre mesi successivi al parto.

Procedura per la sepoltura del feto o dei bimbi nati morti.2021-03-09T10:05:02+01:00

Per prima cosa i parenti devono presentare entro 24 ore dall’evento idonea domanda di seppellimento alla Azienda Sanitaria Locale accompagnata da certificato medico indicante l’età presunta di gestazione e il peso del feto.

Per il seppellimento è necessario richiedere i resti mortali del bambino all’ospedale e i permessi per il trasferimento al cimitero all’ASL.

È dunque necessario comunicare al medico e al caporeparto la volontà di seppellire il bambino, chiedendo che sul contenitore venga indicato il nome del bambino e quello della mamma.

Successivamente, la madre o un altro famigliare dovranno redigere una domanda scritta di trasporto al cimitero e sepoltura da presentare firmata in triplice copia: una da consegnare al caporeparto, una per la Direzione Sanitaria e una terza che il richiedente dovrà tenere e che servirà come ricevuta, in caso venga chiesta. Un modello prestampato viene di solito messo a disposizione dalla Direzione Sanitaria dell’ospedale.

Alla domanda va allegato il certificato medico rilasciato dal ginecologo che ha seguito la gravidanza o che ha compiuto l’intervento e deve riportare la presunta età di gestazione e il peso del feto.

Per la sepoltura individuale, occorre recarsi all’ufficio comunale competente per le sepolture per fissare le modalità del funerale o della cerimonia. Lo spazio per la sepoltura al cimitero è in genere fissato nell’area prevista per i bimbi nati morti e prodotti del concepimento.

 

*Riferimenti normativi:

D.P.R. 3-11-2000 n. 396;

D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 recante “Approvazione del regolamento di polizia mortuaria”.

I bambini nati morti hanno diritto alla sepoltura e all’iscrizione all’anagrafe?2021-03-09T10:04:27+01:00

I bambini sono considerati “nati morti” solo quando abbiano superato le 28 settimane di gestazione al momento del parto. Se il bambino è nato morto, l’ufficiale dello stato civile forma il solo atto di nascita e fa risultare nell’atto stesso anche la morte

Se il bambino invece nasce vivo e muore dopo la nascita dovrà essere formato prima il suo atto di nascita e poi quello di morte. Solo in questi casi sussiste l’obbligo di registrazione presso l’anagrafe.

Se invece il bambino nasce morto prima della 28esima settimana gestazionale i genitori non sono obbligati a fare alcuna denuncia. A richiesta espressa dei genitori, nel cimitero possono però essere raccolti anche prodotti del concepimento di presunta età inferiore alle 20 settimane.

Quali benefici può fruire il genitore del bambino affetto da handicap grave?2021-03-09T10:03:16+01:00

I benefici ad oggi previsti dalla normativa sono:

  • congedo parentale fino al compimento dei 3 anni del figlio o in alternativa permesso giornaliero in ore (cfr. FAQ da 18 a 22 TUTELA DELLA MATERNITA’);
  • prolungamento del congedoparentale entro i 12 anni del bambino per un periodo massimo non superiore a 3 anni e a condizione che il figlio non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati e non sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore;
  • in alternativa al prolungamento del congedo parentale, due ore di riposo giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di età del figlio affetto da handicap grave;
  • 3 giorni di permesso al mese, fruibili anche in ore e anche dopo il compimento dei 3 anni del figlio;
  • congedo straordinario retribuitodal lavoro di 2 anni per assistere il proprio figlio.

* Riferimenti normativi:

Legge 30 marzo 1971, n. 118   recante “Conversione in legge del D.L. 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili”;

Legge 5 febbraio 1992, n. 104 recante “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”;

  1. Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 rubricato “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”.
Come si accerta la disabilità?2021-03-09T10:02:24+01:00

Il processo di riconoscimento dell’invalidità civile si compone di una fase di accertamento sanitario e una fase amministrativo-procedurale. La prima è diretta ad accertare il grado di invalidità civile, cecità civile, sordità, disabilità ed handicap in base alle minorazioni di cui è affetto il soggetto richiedente. È necessario pertanto rivolgersi al pediatra.

La seconda è diretta, una volta accertato il grado di invalidità che deve essere compreso tra il 74% e il 100%, ricorrendone i presupposti economici stabiliti dalla legge, a riconoscere il diritto a percepire l’indennità mensile di frequenza che consiste in una prestazione economica a sostegno dell’inserimento scolastico e sociale dei ragazzi con disabilità fino al compimento dei 18 anni di età. Per accedere a tali benefici va dunque presentata all’INPS una domanda redatta esclusivamente per via telematica.

Quando un minore di età è considerato “invalido civile”?2021-03-09T10:01:37+01:00

I minorenni sono considerati invalidi civili quando abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni della propria età oppure soffrano di una perdita uditiva superiore ai 60 decibel, nell’orecchio migliore, nelle frequenze di 500, 1000, 2000 hertz e siano in trattamento riabilitativo o terapeutico a causa della minorazione.

Cosa si intende per “handicap” a livello normativo?2021-03-09T10:01:35+01:00

L’art. 3 della Legge n. 104/1992 stabilisce che “è persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”.

L’handicap si considera “grave” quando “la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione“.

In relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie riabilitative la persona handicappata ha diritto a ricevere le prestazioni normativamente stabilite in suo favore.

 

Possono usufruire di tali prestazioni anche agli stranieri e agli apolidi che siano residenti, domiciliati o aventi stabile dimora nel territorio nazionale.

Cosa è l’“Assegno di maternità dello Stato”?2021-03-09T09:59:39+01:00

Si tratta duna prestazione previdenziale a carico dello Stato, concessa ed erogata direttamente dall’INPS.

Spetta a tutte le madri lavoratrici, anche precarie, ma per poter richiedere l’assegno deve dimostrare di aver versato almeno 3 mesi di contribuzione per maternità in un periodo di mesi che va da 18 a 9 antecedenti il momento del parto oppure, nel caso di adozione, dell’effettivo ingresso in famiglia del bambino.

Tra i requisiti necessari per ottenere l’assegno non bisogna avere un ISEE superiore a 16.954,95 euro.

Cosa è l’“Assegno di Maternità Comunale 2021”?2021-03-09T09:59:03+01:00

È una prestazione assistenziale concessa dai Comuni e pagata dall’INPS solo entro determinati limiti di ISEE dichiarato (per il 2021 pari a 16.954,95 Euro) e purché i richiedenti non godano di alcuna copertura previdenziale o ne siano provvisti solo entro un determinato importo fissato annualmente.

Attualmente l’assegno vale 338,69 euro mensile e i beneficiari ne ha diritto per un periodo di 5 mesi.

I fruitori non devono essere già beneficiari di altro assegno di maternità INPS.

Cosa è il “Bonus Mamme con Figli Disabili 2021”?2021-03-09T09:58:21+01:00

Si tratta di un contributo che verrà attivato nei prossimi mesi non appena verrà emanato un decreto attuativo del Ministero del Lavoro. Ammonterà ad un massimo di 500 euro di importo al mese e verrà riconosciuto dal 2021 e fino al 2023.

Potranno accedere al contributo le mamme in possesso cumulativamente dei seguenti requisiti:

  • disoccupate o monoreddito,
  • appartenenti a nuclei familiari monoparentali;

con figli a carico aventi disabilità riconosciuta in misura non inferiore al 60%.

Cosa è l’“Assegno Unico Figli a Carico 2021”?2021-03-09T09:57:53+01:00

Si tratta della nuova misura del governo per aiutare e sostenere le famiglie in Italia che entrerà in vigore dal 1 luglio 2021 grazie al provvedimento Family Act e alla nuova manovra 2021.

Il suo obiettivo è quello di accorpare le tante agevolazioni a sostegno della genitorialità attualmente previste, in una sola che garantisca il riordino ed il rafforzamento delle misure di sostegno economico per i figli a carico e quelle a sostegno della genitorialità.

I beneficiari dell’Assegno Unico saranno tutti i genitori italiani, quelli dell’Unione europea e gli extracomunitari con permesso di soggiorno di lungo periodo, di lavoro o di ricerca, residenti in Italia da almeno due anni anche non continuativi e, naturalmente, con figli a carico che non abbiano ancora raggiunto i 21 anni di età.

A seconda dell’ISEE dichiarato, ogni famiglia riceverà per ciascun figlio, dal 7mo mese di gravidanza e fino al 21esimo anno di età, un assegno mensile, che dovrebbe essere compreso tra i 200 e i 250 euro, con una maggiorazione del 20% per i figli successivi al secondo

L’assegno per i figli disabili godrà di una maggiorazione tra il 30 e il 50% e avrà validità per tutta la vita, senza limitazioni d’età.

L’assegno unico figli coesisterà con il bonus bebè.

Cosa è il “Bonus Asilo Nido 2021”?2021-03-09T09:57:14+01:00

È un contributo fino a un importo massimo di 3000 Euro su base annua che può essere corrisposto a beneficio di bambini nati, adottati o affidati per contribuire al pagamento delle rette degli asili nido pubblici e privati autorizzati.

È esteso anche ai bambini malati cronici con cure domiciliari che a causa della loro patologia non possono frequentare l’asilo nido, ma hanno bisogno di forme di supporto presso la propria abitazione

L’ammontare di questo incentivo viene calcolato in base al reddito ISEE del nucleo familiare:

  • 1.500 euro, per chi possiede un ISEE maggiore di 40.000 €
  • 2.500 euro, per chi ha un valore ISEE compreso fra 25.001 e 40.000 €
  • 3.000 euro, in favore dei nuclei con un ISEE dal valore inferiore a 25.000 €.

La domanda dovrà essere presentata tramite il portale telematico INPS.

Cosa è il “Bonus Bebè 2021”?2021-03-09T09:56:32+01:00

Si tratta di un assegno per ogni figlio nuovo nato o per il minore adottato o in affido richiedibile solo per entro il primo anno.

L’entità dell’assegno mensile varia da 80 a 160 Euro a seconda dell’ISEE dichiarato e purché inferiore o uguale a 40.000 Euro e ha una durata di 12 mesi. In caso di secondo figlio, l’assegno viene incrementato del 20%.

L’istanza per l’assegno di natalità dovrà essere effettuata tramite il portale telematico INPS entro 90 giorni dalla nascita o dall’arrivo in casa del bambino.

Cosa è il “Bonus Mamma Domani 2021”?2021-03-09T09:54:34+01:00

Si tratta di un assegno di 800 euro corrisposto in un’unica soluzione per ciascun figlio su domanda della madre o futura madre che abbia raggiunto una di queste condizioni alternative:

  • compiuto il settimo mese di gravidanza;
  • partorito;
  • adottato un minore;
  • avuto un bimbo in affidamento preadottivo (nazionale o internazionale).

La domanda deve essere presentata dopo il compimento del settimo mese di gravidanza e comunque entro un anno dalla nascita, adozione o affidamento; in caso di gravidanza gemellare sarà necessario fare due domande e si avrà diritto a due assegni di 800 Euro ciascuno.

La sua erogazione non è subordinata ad alcun limite di reddito ISEE.

Per richiedere il bonus è necessario presentare domanda sul portale telematico INPS al compimento del settimo mese di gravidanza ed entro un anno dalla nascita, adozione o affidamento.

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