🌟 LA STORIA (vera) DEL MESE di una coppia🌟

Ci avevano fatto credere che io e il mio compagno saremmo potuti essere i fautori del nostro destino e in un certo senso lo siamo stati.

Un destino che però, alla fine, si è rivelato beffardo.

Tutto ebbe inizio 3 anni fa, dopo una visita da un andrologo dove abbiamo scoperto che, se avessimo voluto avere dei figli, saremmo dovuti ricorrere alla fecondazione assistita. Un ambito a noi sconosciuto, ma volendo raggiungere il nostro sogno ci siamo immersi in questa nuova avventura…

In fondo, che problemi sarebbero mai sorti? Siamo due soggetti sani, senza malattie ereditarie, certo magari non proprio giovanissimi (a detta della scienza) io 32 anni e il mio compagno 41, ma insomma non sarà poi così tanto difficile riuscire ad avere un bambino… Giusto?

Ed ecco che tutta la macchina iniziò a muoversi, i primi test di ovulazione, la raccolta di informazioni, la scelta del centro specializzato, il primo colloquio, i primi esami, la prima isteroscopia, le prime cure e il primo intervento in sedazione profonda.

Era la prima volta per tante cose oltre al fatto che siringhe, pastiglie, gel erano all’ordine del giorno e in ognuna di esse veniva riposta la nostra speranza. Finalmente arrivò il giorno del transfer dove quella minuscola cellula sarebbe diventata parte di me e dopo 14 giorni arrivò anche il primo fallimento.

Mi dissero che statisticamente rientrava nella norma, che nella maggior parte dei casi, il primo tentativo andava male; e chi siamo noi per non dare ascolto alle statistiche?

Vi risparmierò tutto ciò che successe dopo ovvero attese, imprevisti, un altro centro specializzato, altre visite, altri esami, altra ricerca di informazioni, tutto questo perché dopo il primo mancato impianto ce ne furono altri tre…

Alla faccia della statistica!

Fino ad arrivare al 23 Maggio quando scoprii di essere incinta in quella stanza fredda del pronto soccorso.

Eravamo tanto felici per essere riusciti a coronare finalmente il nostro sogno, ma non sapevamo che la strada era ancora lunga.

I primi mesi trascorsero tra sintomi, paure, sogni e speranze che andasse tutto bene e arrivò presto il giorno della translucenza e lì iniziò il nostro incubo.

Il risultato ci diede un alto rischio di trisomia 21 oltre a qualche imperfezione fisica, ma i medici ci dissero di stare tranquilli perché la colpa poteva ricadere sulla cura ormonale fatta.

Ci attivammo subito per eseguire il test del DNA fetale e anche questo diede lo stesso risultato con una probabilità del 99,9% e ci dissero di iniziare a pensare a cosa fare, tenere o lasciare?

Sperammo fino all’ultimo che ci fosse stato un errore, che la scienza, per una volta, si fosse sbagliata, che ci fosse un falso positivo, ma la mazzata finale ce la diede l’amniocentesi: nostra figlia (sì, perché sarebbe stata una femminuccia) avrebbe avuto sicuramente la trisomia 21 e probabilmente anche piuttosto grave. E adesso? 

Come saremmo riusciti a decidere della vita di un essere umano e precisamente di una figlia che per tanti anni avevamo desiderato?

Alla fine la ragione vinse su tutto e decidemmo di rinunciare a lei.

Quel maledetto 1 Settembre fu un giorno cupo, doloroso, triste e inteso, fu il giorno in cui io diedi alla luce nostra figlia ma senza sentire i suoi primi vagiti, fu il giorno in cui io e il mio compagno ci ritrovammo di nuovo in due, fu il giorno in cui non annunciammo a nessuno che Martina era arrivata in questo mondo, fu il giorno in cui lasciai andare mia figlia e con lei me ne andai anche io.

Sono passati un mese e quattro giorni e sono ancora ferma a quel 1 Settembre.

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